E' stato pubblicato in questi giorni, a cura della Consigliera nazionale, il report di analisi su base nazionale dell'attività svolta dalle consigliere/consiglieri di parità nel 2016.
I dati analizzati rappresentano, in particolare, un quadro d'insieme dell'attività antidiscriminatoria. A rivolgersi alle consigliere/consiglieri di parità sono state in maggioranza donne con l'84% degli accessi. A pesare di più sono stati i casi di discriminazione per conciliazione dei tempi vita e lavoro e per maternità/paternità.

Al via le azioni positive per il 2017 in favore di donne che si trovino in condizioni di svantaggio e che siano alla ricerca di un lavoro.
Rispetto agli anni scorsi, è stata allargata la base delle aventi diritto, aumentato il contributo a favore delle aziende che sottoscrivano un contratto di lavoro a tempo indeterminato e istituita una borsa lavoro per la formazione sul posto di lavoro.

 I nuovi ruoli delle donne nel mondo del lavoro e della politica impongono una riflessione nel trattare i nomi di mestiere al femminile: si dice "avvocato" o "avvocata", "sindaco" o "sindaca"? Non si tratta di una questione di correttezza grammaticale, ma di  una sfida a favore dei diritti e della cultura delle pari opportunità.

Parlare di pari opportunità a 70 anni dall'approvazione dell'articolo 3 della nostra Costituzione, che ha sancito l'uguaglianza per le donne, significa mantenere viva l'attenzione su una questione ancora irrisolta.

Perchè conviene colmare il divario retributivo di genere?
Il divario retributivo di genere, o gender pay gap, è la differenza salariale tra uomini e donne, calcolata sul salario medio lordo orario, espressa in percentuale.
Nell’Unione europea le donne in media guadagnano circa il 16% in meno degli uomini. In Italia il gap è inferiore al 10%.